giovedì 11 dicembre 2025

IL DOLCE-SOUVENIR DI RACALMUTO ISPIRATO ALLE TESTE DI MORO. Novità

 

Per Santa Lucia non solo cuccìa 



Novità!

Coinciderà casualmente con la tradizionale festa di Santa Lucia 
il lancio del "Dolce-souvenir di Racalmuto" ispirato alle Teste di Moro
 realizzato in pasta di mandorla dal pasticcere Sandro Nitro
 in collaborazione con Piero Carbone che assocerà al dolce una canzone ad hoc.
 
Il dolce è confezionato in astucci pratici per l'asporto. 

Saranno impegnati i cinque sensi per apprezzare un dolce che si potrà
 ammirare, toccare, odorare, gustare, ascoltare...
 
Scannerizzando il code QR apposto alle singole confezioni
 si potrà ascoltare la canzone ispirata alle tradizionali Teste di Moro. 

lunedì 8 dicembre 2025

PER IL RICORDO DI ATHOS COLLURA_Intervento di Piero Carbone


Mia introduzione al documentario sul percorso artistico di Athos Collura 

CRASH! OGNI SOGNO INFRANTO? ATTO II

Grotte (Biblioteca Comunale), 18 novembre 2025. 

Video estrapolato dalla diretta streaming di Grotte.info 
Testata giornalistica diretta da Carmelo Arnone 
Riprese di Emanuele Licata




sabato 29 novembre 2025

TESTIMONIANZA PER CARMELO CAMMARATA, SCULTORE D'ALABASTRO


Mercoledì 17 aprile 2024, Aula Consiliare di Bivona. 

Intitolazione di una via allo scultore Carmelo Cammarata, in occasione del centenario della sua nascita avvenuta il 17 aprile 1924. 

Per l'occasione alcune sue opere sono state esposte nei locali del Circolo "Leonardo Da Vinci".













L'anima utile e l'anima bella del gesso

Nel 1984 eravamo studenti e Filippo, al Pensionato Universitario  San Saverio, parlava con entusiasmo delle sculture di suo padre, con naturalezza quasi fosse un'attività ordinaria, un'attività come un'altra quella di scolpire il legno, la pietra, l'alabastro e dare forma all'informe, ma tanto ordinaria, comune e scontata non era  se dopo 40, siamo qui a celebrare quell'attività straordinaria e geniale in una casa-museo.

In particolare, a proposito delle sculture in alabastro, materiale di origine gessosa, mi sarei reso conto che l'artista mettenva in evidenza l'anima bella del gesso, a fronte dell'anima utile per l'utilizzo del gesso in muratura prima dell'avvento del cemento. 
Per me era un completamento dell'idea del gesso che mi ero formata anche attraverso i racconti di famiglia visto che mio nonno era issaru. 

Qualche anno fa vi ho scritto una canzone e idealmente congiungevo l'esperienza maturata dalle mie parti con quella di altre parti, prefigurando inconsapevolmente l'incontro che avrei avuto a Bivona.

A Buovu e Gargilata issu c’era,
Bivona cu Lercara china nn’era,
ci nn’era a Grutti, c’era all’antri banni:
luciva e luci campagni campagni.

Il gesso,  estratto dalle cave con la polvere da sparo, veniva poi cotto nelle calcare divenendo scuro, annerito, affumatu e infine con sudore e fatica veniva frantumato con mazze e picconi. 

Ebbene, Carmelo Cammarata, come sanno fare gli artisti, ha perpetuato quel luccicore scintillante del gesso nativo  campagne campagne attraverso la bellezza scolpita nel gessoso solfato di calcio idrato.

Quale migliore mezzo delle sue levigate sculture, per perpetuare il ricordo di un mondo scomparso, quello del gesso, e della sua duplice anima, non solo quella utile ma anche quella bella. 
Ringrazio Filippo per avere condiviso, già quarant'anni fa, quel mondo sognato di bellezza del suo speciale papà.

Racalmuto (contrada Zaccanello), 17 aprile 2024














martedì 25 novembre 2025

DICE_SENECA... SULLA FAMA. È il giudizio che conta

 La fama ha certamente bisogno della voce pubblica; 

ma per avere un nome degno d'onore

 non è necessaria la voce pubblica, 

basta essere giudicati bene.

Seneca, Lettere a Lucilio, Lettera II (102), trad. Balbino Giuliano,

Zanichelli, Bologna 1980


Che dice l'IA?

"Seneca, nella Lettera 102 a Lucilio (in particolare § 14-17), sta discutendo del desiderio di gloria postuma e della differenza tra la vera eccellenza (virtus) e la semplice notorietà. Il passo che hai citato è una delle sue affermazioni più nette e paradossali sulla fama.Il significato profondo del pensiero« La fama ha certamente bisogno della voce pubblica;
ma per avere un nome degno d’onore
non è necessaria la voce pubblica,
basta essere giudicati bene. »
Seneca distingue con precisione chirurgica due cose che la maggior parte degli uomini confonde:
  1. La fama (fama)
    È un fenomeno sociale, acustico, collettivo: esiste solo nella misura in cui «la voce pubblica» (vox publica) la diffonde. È fragore, eco, rumore. Può essere meritata o immeritata, duratura o effimera. Dipende dagli altri, dal caso, dalla fortuna, dalle mode. È ciò che oggi chiameremmo “hype” o “viralità”.
  2. Il nome degno d’onore (nomen honestum)
    È invece un giudizio di valore che non richiede platea. Può esistere anche nel silenzio più assoluto. È sufficiente che l’anima virtuosa sia “giudicata bene” – e da chi?
    Seneca lascia intendere: dal tribunale interiore della coscienza e, in ultima analisi, dalla ragione universale (il logos divino che abita in noi). In altri termini, basta che tu sappia di essere nel giusto e che la tua azione sia conforme alla natura razionale.
Il paradosso stoicoIl paradosso è splendido: l’uomo veramente grande può essere ignorato da tutti i contemporanei e perfino dai posteri, eppure possedere già, qui e ora, una gloria più solida di quella di qualsiasi trionfatore.
Catone l’Uticense, l’eroe di Seneca, è l’esempio perfetto: sconfitto politicamente, deriso dai vincitori, morto suicida, eppure – proprio per questo – il suo nome è diventato eterno. Non perché la folla lo acclamò (la folla lo odiava), ma perché la sua virtus era evidente a chi aveva occhi per vedere.
Seneca sta dicendo a Lucilio (e a noi):
  • Non lavorare per i like del tuo tempo.
  • Non misurare il valore della tua vita dal numero di persone che ne parlano.
  • Lavora per essere “giudicato bene” dal giudice più severo e più affidabile che esista: te stesso quando sei solo con la tua coscienza e con la ragione.
Una lettura contemporaneaOggi, nell’era dei social media, questo pensiero suona quasi profetico.
Milioni di persone inseguono la “voce pubblica” – like, follower, menzioni, trending topic – convinti che quella sia la gloria. Seneca li guarderebbe con pietà: state inseguendo la fama, non l’onore.
La fama è volatile, manipolabile, spesso ingiusta.
L’onore invece è una moneta che non si può falsificare: o ce l’hai dentro o non ce l’hai.
Chi posta per essere visto in realtà sta mendicando la vox publica.
Chi agisce rettamente anche quando nessuno lo vedrà, anche quando sarà dimenticato, anche quando verrà calunniato, costui sta costruendo un nomen honestum che nessuna cancel culture potrà cancellare.
In una sola frase, Seneca smaschera l’illusione di fondo della nostra civiltà dello spettacolo:
la vera grandezza non ha bisogno di pubblico.
Le basta essere giusta". AI Grok

Però!


sabato 22 novembre 2025

DICE KARL KRAUS... SUGLI INDIGESTI. Esiste un metodo?

Una volta che mi sarò liberato di lui,

come potrò proteggermi da chi lo loda?

Karl KRAUS, Aforismi in forma di diario

TEN, Roma 1993. Traduzione di Paola Sorge


GIAIOTTO, Impronta n. 15 1997
Esposto a: 
St. Juste-Martel (Francia) 1997
Laveno 1997
Seolu (Corea) 1997
Zagabria (Croazia) 1998
Haifa (Israele) 1999
Zemum (Jugoslavia) 1999
Dal catalogo pubblicato nel 2000

Come quasi un'abitudine (ma non per sempre) chiedo un commento all'Intelligenza Artificiale (prima o poi questa frenesia - o cattiva abitudine? - passerà).
Ecco il commento:

<< Il frammento che hai scelto è uno dei più taglienti e profetici di Karl Kraus, un autore che ha fatto della lucidità spietata la sua arma principale.

«Una volta che mi sarò liberato di lui, come potrò proteggermi da chi lo loda?»
Qui Kraus condensa in una sola frase l’intera tragedia della cultura moderna (e, ahimè, anche di quella contemporanea): il vero pericolo non è quasi mai il tiranno, l’imbecille, il criminale in sé – di quelli, volendo, ci si può sbarazzare, con la critica, con l’esilio, con la ghigliottina, con un licenziamento, con un blocco sui social.

Il problema insormontabile sono i suoi tolsi che lo applaudono, i cortigiani dell’ovvio, gli intellettuali di regime, i critici prezzolati, i follower in mala fede, i “buonisti” di professione che trasformano ogni schifezza in valore e ogni valore in reato.

Kraus lo aveva capito già nel 1910-1930, quando combatteva contro la stampa viennese corrotta e contro l’ipocrisia della cultura mitteleuropea che stava preparando il terreno al nazismo con la sua viltà travestita da profondità. 
Sbarazzarsi di un Hitler (o di un piccolo Hitler quotidiano) è, in fondo, possibile.
 
Ma come si fa a liberarsi di milioni di persone che lo trovano “autentico”, “necessario”, “un uomo che dice le cose come stanno”?
Il pensiero è disperato perché non offre vie d’uscita: il nemico visibile è sostituibile, il coro degli adulatori è immortale. 

È la stessa disperazione che si prova oggi quando vedi un cretino pericoloso sparire dalla scena… e immediatamente sostituito da un altro cretino pericoloso osannato dagli stessi che osannavano il precedente, spesso con le stesse identiche parole, solo con un diverso hashtag.

Kraus non dà soluzioni, perché non ce ne sono. 
L’unica protezione possibile è quella che lui stesso scelse: diventare un satirista così puro, così estremo, così privo di compromessi da risultare praticamente illegibile o inascoltabile per i più. 
Una sorta di suicidio culturale preventivo: meglio essere incompreso da tutti che capito dagli adulatori.

Nel 2025 questo aforisma suona ancora più sinistro di cent’anni fa. 
I “lui” si moltiplicano, i “lodatori” hanno ormai piattaforme da centinaia di milioni di follower e algoritmi che premiano proprio la lode incondizionata. 
Liberarsi di un “lui” è diventato tecnicamente facile (un ban, una cancellazione, una condanna). 
Proteggersi da chi lo loda è invece impossibile: sono troppi, sono noi, sono la nuova normalità.
Grazie per averlo ripubblicato. 
Ogni volta che qualcuno lo rilegge, è come se Kraus, per un istante, riuscisse ancora a non essere completamente soffocato dal coro.>> AI Krog

N.B.
Non trovo la voce "tolso / tolsi" nei dizionari; forse voleva dire "tonti".